barpennedizioneA quel tempo Buon Pirata era inquieto.
Non che gli mancasse la pasta e la birra, per carità; ne era ben fornito, anzi.
Eppure si sentiva un devoto Pirata, e stava attento a rispettare gli Otto Io Preferirei Davvero che Tu Evitassi. Dove abitava non credevano alla spaghettosa bontà del Prodigioso, ma lui stava attento a non infrangere il primo condimento e comportarsi come un asino bigotto.
In verità si sentiva incompleto, come se gli mancasse un’altra gamba o un altro occhio.

Passeggiò fino alla rada, dove riposava nell’acqua calma il suo Galeone.
Guardò a lungo gli alberi senza vele della nave. Poi salì a bordo, fin sul cassero di prua, e poi verso quello di poppa, prendendo in mano la ruota del timone.
Gli sovvennero le avventure passate, i mari solcati e le isole visitate.
Ricordò le Casse del Tesoro che nascose alle grinfie dei temibili Hare Krisna, e … sospirò: il Governatore di Maracaibo.
La sua immagine gli si parò davanti, vivida, come fosse là in carne ed ossa. E loro due avevano un certo conto in sospeso.

Improvvisamente sentì il sugo scorrergli nelle arterie, e fu luce:
“Arremberò, ecco ciò che farò! Cercherò una ciurma, locande in cui pregare e arriverò a Maracaibo!”

Perciò radunò pasta, sugo, scatole di biscotti e birra nella stiva del suo Galeone, diede un addio strappacuore alla sua collezione di birrette in bottiglia, chissà mai quando le avrebbe riviste, e salpò.

Navigò per ore governando da solo la nave. In effetti era piacevole scivolare sull’acqua, guardare le vele gonfie di vento e contare i pesci che ogni tanto saltavano fuori dal mare.
Ma era anche faticoso correre per il ponte a tirare il cordame, salire sull’albero maestro per guardare l’orizzonte dalla coffa e scendere nella stiva a preparare il sugo per il pranzo.
Quindi fu contento quando dalla coffa avvistò Terra: corse al timone per aggiustare la rotta e regolò il sartiame per raccogliere il vento.

La prima tappa fu su un’isola disabitata su cui campeggiava un unico tetro grande rudere, con un’alta e cadente torre di guardia.
Scese dalla nave e attraversò la piccola spiaggia che portava all’edificio.
Avvicinandosi notò un cartello all’ingresso, era scritto a mano e la grafia era incerta.
Avvisava:
“Quest’Isola fu abitata da pazzi e da appestati, nessuno di loro sopravvisse all’ignoranza dell’uomo. State alla larga!”
Tutte le finestre erano prive dei vetri, sembravano orbite vuote. Mancavano le porte. Polvere e calcinacci erano dappertutto.
Questo voleva dire che quella magione era abbandonata da diversi anni.

Finì di esplorare quel sinistro maniero e si diresse a vedere come era messa la torre. Salì i gradini sconnessi e guardò l’orizzonte.
Cominciava ad imbrunire e già calava una sottile nebbiolina.

Stava ancora scrutando il mare, quando si accorse di un puntino che si avvicinava e si ingrossava. Prese il binocolo e lo puntò.
Pareva una barchetta a remi, e stava puntando alla spiaggetta dell’isola.
Decise di discendere dalla torre e di accogliere il natante. Attraversò l’edificio e si recò alla spiaggia.

Via via che la barchetta si avvicinava, prendeva sempre più le sembianze di un canotto con sopra un* Pirata.
“Ahrrr…” gridò al suo indirizzo Buon Pirata appena fu abbastanza vicino.
“Ahrrr…” fu la risposta dal canotto “Mi ero pers* nella nebbia o nei fumi alcoolici, non so.”
Risero e, quando scese a terra, furono feste e tripudi di “Ahrrr”.
“Frittello! Ti va una buona preghiera assieme? E ti andrebbe di formare una ciurma?” chiese Buon Pirata.
“Ahrr…” rispose il Pirata “Ti rispondo con due sì!”
E poi stapparono la birra e misero a bollire la pasta in Olocausto al Prodigioso.

Finalmente Buon Pirata era in una ciurma. E l’Isola da quel giorno fu Pennedetta.

Da quel giorno si disse: “Non si è soli solo da soli, ma in due si è già una Ciurma”.

RAmen

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