Tolleranti con tutti (salvo che gli intolleranti?)

Prima questione: cosa significa tollerare.

Tollerare ed essere tolleranti significa avere un atteggiamento disponibile e aperto (e tanta tanta pazienza) quando ci si confronta con le varie avversità del caso.

Seconda questione: chi sono gli intolleranti.

Sono intolleranti quelli che si pongono in modo chiuso e limitato rispetto alle questioni della vita, dimostrando di agire spinti dai pregiudizi e senza ragionare, e che riversano odio su tutto ciò che è diverso. Le persone che credono di avere la verità in tasca e che non si mettono in discussione, criticando gli altri e infierendo su tutti quelli che reputano diversi da loro sono intolleranti (e anche un po’ coglioni e cattivi).

Questa affermazione però può essere considerata un paradosso. Se siamo tolleranti con tutti, dovremmo essere intolleranti con nessuno, se siamo intolleranti verso gli intolleranti diventeremo intolleranti anche verso noi stessi e dunque non riuscendo a tollerarci faremo qualcosa nella quale non ci sentiamo a nostro agio.

In altre parole la questione è che dobbiamo essere tolleranti verso tutti; anche perché i condimenti 7, 1 e 4 dicono proprio questo: non siamo migliori di altri ma uguali (o perlomeno simili) e dobbiamo amarci per questo, dobbiamo godere delle affinità e rispettare le differenze, in ogni caso tolleranza.

 

Il filosofo austriaco Karl Popper formula nel 1945 il “Paradosso della Tolleranza”.
In quel momento probabilmente doveva essere stato toccato dalle Sue Sugose Appendici.

 

Applicazioni concrete

Tollerare ed essere tolleranti significa non accanirsi, non vendicarsi, non umiliare, non insultare, non danneggiare, non aggredire e non attaccare ma piuttosto ascoltare, capire, spiegare, avere pazienza, accettare e voler bene a tutti quelli che non credono nel PSV, a tutti quelli che prendono in giro il PSV e i pastafariani, a tutti quelli che ci danno contro, a tutti quelli che ci fanno un torto e a tutti quelli che hanno più di noi (in termini di diritti, privilegi, ecc.), così come quelli come noi, così come quelli un po’ più sfigati di noi.

«Se noi no, allora neanche loro» non è un ragionamento tollerante; piuttosto «Se loro sì, possiamo anche noi?».

Nessuno ci deve nulla, ma sicuramente possiamo chiedere delle cose e far notare delle differenze o delle ingiustizie, che comunque continueremo a tollerare, senza manifestare violentemente contro altre confessioni o qualcosa che non ci garba.

 

Perché attaccare le altrui convinzioni e imporre il nostro credo?
Il nostro Dio è così sugoso che fa gola solo a guardarlo!

 

Siamo pirati pastafariani: un po’ sbronzi e sgangherati ma pur sempre dei cittadini civili, con una morale e dei valori da condividere, non da imporre.

Il nostro scopo è proporre un messaggio che si può accettare come no: poniamoci per quello che abbiamo in più di altri e che vogliamo condividere, non per quello che abbiamo in meno e che vogliamo ottenere o ci è dovuto.

Vogliamo contribuire a migliorare la società o vogliamo l’8 per mille? Entrambe le cose, ma credo che dare a delle persone la possibilità di vedere il mondo diversamente sia molto più significativo e gratificante che avere le tasche piene.

Tollerare tutto non significa lasciar passare tutto: ci sono cose che si possono accettare e cose che vanno condannate e rifiutate; la tolleranza è un atteggiamento verso le cose, non una forma d’indifferenza.

Presi(al)dente della Ciurma Pastafariana, Scardinale emerito, Frescovo emerito...un emerito, insomma.

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