Pastafarianofobia di un giorno di mezz’estate
Quando Religioni e Social cozzano.
Se fino a qualche decennio fa tutto quello che veniva fatto in modo privato rimaneva privato, ora, con l’era dei social questa cosa può diventare un’arma a favore di alcune realtà sociali.
Di cosa sto parlando? Di una storia che una confrittella mi ha raccontato e che io vorrei raccontare a voi.
Per rispettare la sua volontà di anonimato ho inventato di sana pianta nomi e riferimenti vari.
Tranne le religioni, quelle sono autentiche e tali si rivelano alla prova dei fatti che potrete leggere qui sotto.
Sono Maria (in realtà non mi chiamo Maria) ho fatto del volontariato il mio stile di vita.
Ho sempre trovato nel volontariato una modalità di accoglienza che mi tirava fuori dalle mille problematiche di un matrimonio finito purtroppo male, guidato più da una mentalità patriarcale che dall’effettiva voglia di costruire qualcosa insieme.
La mia vita va comunque avanti, conosco persone e tra queste conosco il mio attuale compagno, Giangiuseppe (che in realtà non si chiama Giangiuseppe).
Lo vedo sereno, lo vedo felice e gioioso nelle sue estrose modalità di vita.
Giangiuseppe (che non si chiama Giangiuseppe) è un pastafariano convinto.
Convinto che nella vita non bisogna avere solo giorni bianchi grigi o neri, ma bisogna assaporare anche tutti gli altri colori.
Inizio a confrontarmi con lui e capire che ciò in cui io credo, probabilmente non è dettato del cuore, ma semplicemente da altre persone che hanno lo scopo di limitare le libertà altrui, pur dichiarando che “siamo tutti fratelli”.
Proseguo la mia vita anche con il mio compagno, portandolo all’interno di una associazione di volontariato prettamente cristiano cattolica, La Compassione (che in realtà non si chiama La Compassione).
Lui non ha problemi, la sua religione è inclusiva.
Lui sta lì con me perche vuole dare una mano, ed è questo che dovrebbe contraddistinguere una associazione che ha come scopo la solidarietà.
La mia vita inizia a colorarsi dei colori dell’arcobaleno.
Partecipiamo ai PRIDE, vedo tante famiglie, tutte diverse da loro ma tutte in fondo uguali, perché mi rendo conto che una famiglia è tale solo se c’è di base l’amore, e non influisce né l’identità sessuale e né il numero di persone che ne fanno parte.
La mia vita si circonda di persone colorate, ognuna a modo suo, ognuna vive le proprie libertà di pensiero e libertà sessuali come meglio crede, senza essere giudicata.
Questo è ciò che più amo di questa realtà…il non giudicare.
Qualcuno dell’associazione La Compassione (che in realtà non si chiama La Compassione) però si accorge di questa mia vita colorata, e mi contatta, solo perché i contenuti che pubblico sul mio profilo social sono cambiati.
Devo andare da loro perché devono dirmi una cosa. Vado.
Cara Maria (che non si chiama Maria), abbiamo visto ciò che scrivi su Facebook (la tua vita colorata dei Pride), abbiamo visto che hai “cambiato religione” e quindi, a meno che tu non rinsavisca, qui non c’è più posto né per te, né per il tuo compagno.
Dopo questo colloquio, la visione del mondo di Maria (che non si chiama Maria) cambia da un momento all’altro.
Lei stava lì per dare una mano, per aiutare, perché ora tutta questa ostinazione a mandarla via?
Ma le basi cristiane non mettono in primo piano che siamo tutti fratelli e figli di Dio?
Non dicono di aiutare il prossimo?
E se lo si fa in un modo più colorato cosa cambia? Perché restare nella vita grigia?
Maria (che non si chiama Maria) decide di andarsene.
Decide che il suo volontariato sarà riconosciuto da qualcun altro.
Decide che il suo modo di vivere non deve condizionare in alcun modo la sua voglia e volontà di aiutare qualcuno.
Decide che la sua “nuova religione” le sta addosso come una seconda pelle, perché non le chiede mai di scegliere ma le dice solo di continuare a vivere in modo colorato, di amare e soprattutto non giudicare.
Due mie considerazioni su questa storia.
La prima: se ci chiediamo cosa condiziona la nostra vita e le nostre relazioni, la risposta è in queste persone che parlano di valori cristiani, ma quando è il momento di agire professano nella più becera rappresentazione religiosa, dettata da ciò che leggono sui social, ed è questo che non va bene!
La seconda: la Chiesa Pastafariana Italiana ha intrapreso la via del riconoscimento.
Ed è la prima volta in assoluto che rappresentanti di un’altra Chiesa, la più mainstream tralaltro, riconoscono il nostro Credo riferendosi alla “conversione” di Maria (che non si chiama Maria).
Credo che questa piccola cosa sia l’inizio del cambiamento.
Grazie a Maria (che non si chiama Maria) per averci raccontato la sua esperienza.
Noi andiamo avanti
Sempre!