Mi riallaccio ad una delle ultime puntate di Radio Spaghetto Volante perché, in quanto Thirst Lady che nella sua ahrrroganza si considera matura e navigata, anche io ho fatto le mie riflessioni sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Per fortuna, non ho mai dovuto ricorrervi ed è uno di quei casi in cui, se mi chiedeste cosa avrei fatto se fossi rimasta incinta, non saprei cosa rispondere. Le volte in cui ho temuto di essere in stato interessante non sono riuscita a decidere in anticipo cosa avrei fatto nell’eventualità, nonostante io tenda a pianificare; mi sono limitata a sperare di non essere incinta. E questo perché sono perfettamente cosciente del fatto che l’aborto non è una passeggiata, fisicamente ma (soprattutto) psicologicamente. Anzi, personalmente lo vedrei come una violenza. Ma per l’alternativa, quella di crescere un figlio, davvero non sono ancora pronta.

No, l’aborto non è una soluzione semplice. La donna matura che vi ricorre per un malfunzionamento di qualche metodo contraccettivo (o peggio per una violenza) si è già fatta la sua riflessione, ha già valutato le possibili alternative e non ne ha trovate. Sta già vivendo il suo personale angolo di inferno e non ha bisogno di giudizi o ramanzine; ha bisogno di qualcuno che la aiuti in quello che si candida ad essere il momento più difficile della sua vita.

E se alcune vi ricorrono con superficialità, piuttosto che puntar loro il dito contro è sulla loro educazione sessuale e sulla loro crescita emotiva che dobbiamo farci delle domande, senza nascondere la testa sotto la sabbia. Come ho già detto altrove, la tendenza degli ambienti conservatori è di giudicare e punire la donna che “non si comporta bene”, tramite l’attacco personale e la colpevolizzazione, piuttosto che – se davvero ci tengono – di analizzare realisticamente la situazione ed intervenire efficacemente alla radice, usando sia la razionalità, sia l’empatia per cercare quanto possibile di evitare che si ricorra ad un’interruzione di gravidanza.

Fa specie pensare come, soprattutto in questo paese, coloro che si oppongono all’interruzione volontaria di gravidanza sono mediamente anche coloro che si oppongono ad una migliore e precoce educazione sessuale istituzionale, pretendendo che sia un argomento limitato alle famiglie. La loro soluzione, probabilmente, sarebbe l’astensione pre-matrimoniale; ma non ci vuole una Thirst Lady per farvi capire che si tratta di una follia. Fatevi un giro non dico nemmeno in un liceo, ma in una scuola media: i ragazzi parlano di sesso, chi più chi meno direttamente, fanno battute, manifestano curiosità e, i maschi soprattutto, sono in preda agli ormoni. È un argomento, questo, su cui un approccio di tipo proibizionistico non può funzionare perché non tiene minimamente conto della natura umana che spinge al desiderio sessuale in modo molto forte. Inoltre, spesso alla sessualità è legato un grosso carico emotivo o di pressione di gruppo, che può portare a commettere leggerezze se non c’è nessuno di qualificato con cui parlare.

Delegare l’argomento sessualità alla famiglia è altrettanto irrealistico, poiché non vi è alcuna garanzia che la famiglia sia in grado di affrontare il discorso in modo equilibrato e senza tabù. Quello che succede dunque è che i ragazzi, spinti dalla loro naturale e fisiologica curiosità, si informino tra di loro poiché percepiscono che si tratta di un argomento di cui non si può parlare liberamente; e come spesso succede, il passaparola distorce e mùtila l’informazione corretta.

E una domanda che mi sorge spontanea è: voi che avete tanto a cuore il benessere dei bambini, pensate davvero che sia ragionevole imporre la maternità a una ragazza, magari minorenne, che ricorre all’aborto con leggerezza perché non ha saputo mettere in atto i necessari metodi contraccettivi? Davvero la maternità può essere considerata una punizione? E non è forse più una punizione per il bambino che nascerà e sarà nelle mani di una madre irresponsabile, che non lo vuole e c’è il rischio che non lo ami e che non saprà garantirgli la stabilità affettiva ed emotiva di cui ogni bambino ha bisogno?

Ed ecco che coloro che dicono “ma sì, sono bambine, diamo tempo al tempo” sono poi i primi a cascare dalle nuvole e a puntare il dito quando queste “bambine”, che evidentemente tanto bambine non erano, si ritrovano a dover gestire un problema più grosso di loro. E se decidono di abortire per poter continuare gli studi, per potersi realizzare, perché non possono dare al figlio una vita dignitosa o semplicemente perché una gravidanza è un processo fisiologico complesso con rischi e disagi psicofisici che non sono ancora pronte ad affrontare, allora di punto in bianco le “bambine” diventano “sgualdrine”, “troie” e “puttane”.

Come diceva George Carlin, “Quando cardinali e vescovi avranno sperimentato la loro prima gravidanza, le loro prime doglie, e avranno cresciuto un paio di bambini col salario minimo, allora sarò lieto di ascoltare cosa avranno da dire sull’aborto.”

O anche: “Ragazzi, questi conservatori sono proprio forti, vero? Sono tutti a favore dei non nati, farebbero di tutto per i non nati, ma una volta che sei nato sono cazzi tuoi!

Non vedo organizzazioni religiose o conservatrici che stanziano fondi degni di tale nome a favore della maternità, o che si mobilitano per garantire assistenza sanitaria e logistica gratis, rapida e di qualità alle donne in gravidanza. A monte di tutto ciò, comunque, bisognerebbe lavorare un po’ per rimuovere lo stigma sulle ragazze madri che gli stessi ambienti conservatori hanno contribuito a creare. O quello che invariabilmente va a colpire sia le donne che, pur decidendo di non abortire, si risolvono a dare il bambino in affidamento, sia i bambini che (con un percorso burocratico non proprio rapido e agevole) vengono adottati, i quali spesso sono guardati con commiserazione, come se fossero svantaggiati rispetto agli altri.

Concludo rispondendo a coloro che mi rinfacciano che io sono qui perché i miei genitori non hanno abortito, beh, sappiate che le cose non sono andate proprio così. Per vostra informazione i miei genitori hanno fatto una scelta. Nascere non desiderata? Ma anche no, grazie. La vita è già complessa così.

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