Di poster, scandali e libertà: la risposta di Scialatiella Piccante

Ieri sono stata contattata da un cittadino che ha desiderato esprimere un pensiero di protesta contro i poster di Ceffon.
La corrispondenza che si è generata tra me e questo signore è molto preziosa perché mi ha permesso di focalizzare per iscritto pensieri che accompagnano e sorreggono il mio interesse per il subvertising.

Osservando la qualità e gli argomenti delle reazioni alla campagna di pirateria creativa di Ceffon e Illustre Feccia, così come si è svolta in questo contesto, ho tracciato alcune annotazioni che vorrei condividere.

 

Alcuni dei poster abusivi che hanno destato scandalo | Combo Illustre Feccia + Ceffon

 

Per prima cosa, le persone che si sono indignate hanno cercato di capire chi avesse commissionato o finanziato l’intervento.
In arte, effettivamente, la committenza è molto importante. Erano i papi a dare soldi a Michelangelo perché dipingesse i suoi capolavori. Cattelan è finanziato da collezionisti facoltosi. Suppongo che la tipologia di mecenate influisca sui contenuti e anche sull’aspetto formale dell’opera, a qualche livello. E suppongo anche che dica qualcosa sulla relativa autonomia dell’artista.
Quindi è giusto interrogarsi se questi artisti operino liberamente o meno, perché la questione non è secondaria rispetto all’ipotesi politica che un’opera d’arte propone.

Tuttavia, siamo in campagna elettorale e questo discorso è stato condotto unicamente per mettere in imbarazzo e colpevolizzare l’assessorato. La vicenda dimostra anche la sicura efficacia dell’accusa di blasfemia: la bestemmia è così grave che giustifica la totale dipartita dal senso, dal ruolo, dal progetto dell’arte.

 

Uno dei grandi classici, regalo (non richiesto ma gradito) dei subvertiser alla nostra Causa: Dioskotto di Ceffon. Specifichiamo che mai nessun Pastafariano si è indignato per una bestemmia al Prodigioso Spaghetto

 

Altre domande che possono scaturire da un impegno di lettura e di decodifica di un’opera, potrebbero riguardare la modalità e il rapporto tra forma e contenuto.
I poster di Ceffon contengono bestemmie e queste sono associate a marchi. Marchi commerciali o cinematografici. Perché? La religione come oggetto di bestemmia scompare. La propaganda che attira i valori di buon costume, di famiglia felice, di facile lieto fine, come una favola patinata, è la religione che ci viene comminata attraverso pubblicità seducenti, inebrianti, frizzanti e potenti agenzie di produzione che ci insegnano in quali sogni credere, come essere principesse o ranocchi. Siamo tutti pupazzetti.
Contro questo l’artista bestemmia.

 

Uno dei cartelloni più discussi perché I BAMBINI NON SI TOCCANOH! Ehm, non è ai subvertiser che dovreste dirlo…

 

“Bestemmia libera” non è incitamento a bestemmiare. “Libera” è l’aggettivo che qualifica la bestemmia del subvertiser. Una bestemmia che è libera persino dal sacro, al quale infatti decide di non riferirsi esplicitamente.

Io non intendo contestare l’artista per le “modalità” che ha scelto. Sono una caratteristica retorica del suo lavoro, ma anche un atto di disobbedienza creativa. Io promuovo e difendo questi linguaggi, che restano, a mio avviso, innocui e senza dubbio meno violenti dello stigma sociale che tutti sono in grado di sobillare con poco.

 

Il Comune di Napoli si è dissociato dall’iniziativa, della quale non sapeva nulla. D’altra parte, in tutto il mondo il subvertising funziona così. Non chiede permesso a nessuno, arriva colpisce e va via.

 

Passiamo discutere sul fatto che tali poster siano “abusivi”, violano spazi privati.
Bene. Sono abusivi. Come i graffiti nelle grotte. Come le sculture nelle rocce delle montagne. Come le teche votive agli angoli delle strade. Ma non sono abusanti della nostra attenzione tanto quanto quelli della comunicazione pubblicitaria e di propaganda, cui siamo sottoposti ogni giorno e che accettiamo solo perché i responsabili pagano. O solo grazie alla forza disarmante dell’abitudine.
Il paesaggio urbano, dunque, è privato. Ha possibilità di accesso allo spazio urbano e ai luoghi di comunicazione solo chi compra, paga e vende spazi.

Riflettete su quanto di etico ci sia in questo.

La libertà d’espressione di Ceffon si ferma dove inizia la mia libertà a non essere offeso?
Il sentimento di offesa è una possibilità di qualunque dialogo e atto comunicativo.
Gestite le vostre reazioni ed emozioni in modo adulto e costruttivo.

Senza il vostro scandalo, nessun organo di stampa si sarebbe sforzato di “sapere”. Il Festival ha offerto al pubblico momenti di approfondimento. La blasfemia in Pakistan, Iran, Siria. Abbiamo parlato di Pasolini, di film controversi spiegati con l’ausilio di giuristi. Abbiamo letto e recitato brani poetici. Abbiamo illustrato casi di censura.

 

Ecco la mostra che le persone indignate dovrebbero veramente venire a vedere per andare al di là dello scandalo e capire il messaggio. Siete ancora in tempo, ci siamo fino al 30!

 

Ma tutto questo è avvenuto prima, è avvenuto quando i comunicati stampa inviati, inviati anche per accogliere i giornalisti all’anteprima che avrebbe dovuto porgere alla comunità un contesto esplicativo adeguato, non hanno ricevuto attenzione.
Vi serve la bestemmia per farvi girare. Questo è quello che succede. E, se vi indignate, è perché non volete né fermarvi né girarvi.

Ai signori candidati pronti a muovere processi, perché dimostrare le colpe altrui è certamente più agevole che testimoniare la propria innocenza, chiedo di venire alle mostre.
Una volta eletti, anche voi sarete contestati per scelte scomode e sarete attaccati per la libertà che avrete concesso semplicemente adeguandovi ai diritti costituzionali. Se venite a conoscermi, vi insegno come difendervi. Perché purtroppo non so suggerirvi come attaccare.

Ah… Questo sapete già farlo.

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Informazioni sul Festival delle Arti Censurate nel sito ufficiale dell’evento

Spappessa (ex Pastefice Massima), assatirata, compagna di arrembaggi di artistə perseguitatə per ideologie religiose, ispiratrice con le sue accorate parole della Ciurma Pastafariana dalla Campania a tutto lo Stivale.

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