And nobody fucks with Bergoglio’s motha.
Una precisazione prima di cominciare è necessaria: io non mi posso definire un “pacifista”, anni di judo e rugby sono la prova che lo scontro fisico non mi fa esattamente repulsione. Come se non bastasse fino a pochi mesi fa svolgevo un impiego che mi “obbligava” al servizio armato. Le virgolette sono d’obbligo visto che la passione per le armi ed il tiro a segno la porto con me da che io ho ricordi.
Ma sono anche una persona matura, in grado di capire che la risoluzione fisica delle controversie interpersonali è non solo un orrenda extrema ratio, ma anche quanto di più barbaro ed inumano esista. Provo inoltre una grande stima per chi, a differenza del sottoscritto, è in grado di dimostrarsi un essere umano molto più in alto sulla scala evolutiva.
Forse per questa mia ammirazione verso i “portatori di pace” le parole pronunciate da Papa Francesco I ieri mi sono sembrate tanto offensive e degradanti, non solo verso se stesso o l’umana intelligenza, ma anche verso chiunque abbia fatto della “non violenza” uno stile di vita e un modo di affermare i propri e gli altrui diritti. Arrivando anche e spesso a pagarne un prezzo altissimo.
L’emissario di Dio sulla terra stava infatti commentando l’attentato terroristico al giornale francese satirico Charlie Hebdo, attacco compiuto da fanatici musulmani che, ritenendo la loro fede dileggiata da quella pubblicazione, sono penetrati nella sede del settimanale uccidendo e ferendo. 20 i morti ed una decina di feriti per vendicare la presa per il culo di un’idea astratta.
Il commento del Pontefice della Chiesa Cattolica è arrivato puntuale. In effetti è questo quello che il mondo si stava aspettando dopo un fatto del genere: il punto di vista della religione.
Papa Francesco non s’è fatto desiderare ed ha deciso di argomentare come lui interpreta il diritto di satira, anche greve, nei confronti della religione. Ovvero così: “se il mio amico Gasbarri dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno”. Ora, io non sono un teologo ed ero fermo alle parole della Bibbia: “Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.” (Mt. 18-21), evidentemente Cristo parlava unicamente del “se pecca contro di me”, la parte del: “se invece pecca a parole contro la tua mamma tu porgi l’altro pugno” me l’ero persa.
Anche perché, da quello che mi ricordo avendo studiato dalle suore, la Madonna è “la madre di tutti i cristiani”. Quindi offendendo una madre tanto prolifica dovrei aspettarmi cosa? Un pugno a testa tiratomi da ogni suo singolo “figlio”? Se non ricordo male è quella la ratio alla nascita della lapidazione: permettere ad un’intera comunità di condannare a morte qualcuno senza che la colpa sia ascrivibile ad un singolo individuo. Ed in effetti in diverse teocrazie la blasfemia era ed è punita proprio con la lapidazione.
Un po’ come se “il Papa del cambiamento” ragionasse esattamente come un qualsiasi rabbì di duemila anni.
Già, perché Francesco I è stato “il Papa del cambiamento”. Egli ha infatti detto basta alla stola di ermellino per passare al più sobrio cappottino. Che il loden al tempo, come immagine di sobrietà, era già stato preso. Bianco ovviamente il cappottino, chi non ha mai visto in negozio un cappotto bianco da uomo in vendita? Ma il look non è stato il solo cambiamento introdotto da Francesco: basti ricordare le sue mirabili prese di posizione in fatto di fede, come: “in paradiso ci sono i nostri cani e gatti morti ad attenderci!”. Ed altre trovate altrettanto mature, come quando appena salito al soglio pontificio stupì il mondo facendo delle telefonate. Sicuramente vi ricorderete: i mass-media decisero che il mondo dovesse stupirsi perché un Papa, nel 2013, aveva utilizzato un telefono. La reazione fu identica a quella del popolo giapponese quando il loro imperatore comunicò la resa incondizionata all’esercito statunitense via radio: nel 1945 per il Giappone l’imperatore era ancora una figura divina e il solo pensare che la sua voce potesse essere veicolata come la voce di qualsiasi mortale era un pensiero blasfemo. Capite? Il Papa telefona! Wow! So much technology! E dopo il telefono nessuno l’ha più fermato: Twitter, mail, gli mancava giusto Chatroulette. Beh, sinceramente odio discutere via telefono, se potessi però mi piacerebbe potergli fare un colpo di telefono e chiedergli di argomentare meglio il suo pensiero.
Per esempio chiedendogli come riesca a giustificare la violenza fisica in risposta ad una violenza verbale, ora, che questa tesi malsana sia usata come scusa dai peggio delinquenti esistenti al mondo è un conto… ma insomma, lui è pure perito chimico, qualche libro l’ha letto.
Se davanti hai un uomo che picchia la compagna te la puoi aspettare una “difesa” che si basa sul: “è stata lei a cominciare a mancarmi di rispetto, per quello l’ho fatta diventare la miglior cliente del suo dentista!”. Oppure se davanti hai un terrorista religioso, stesso ragionamento:
Ma da una persona da cui qualcuno si aspetterebbe quantomeno un minimo di raziocinio sarebbe bello intravedere la capacità di discernere fra violenza verbale e violenza fisica. Tanto più che nello specifico contesto non si stava parlando della violenza verbale gratuita su cui si è soffermato il Papa, tutt’altro. Francesco ha infatti doppiamente offeso i morti del Charlie Hebdo “giustificando” prima i loro assassini e paragonando poi la loro opera ad un’ingiuria. Ma i giornalisti ed i vignettisti del Charlie non offendevano gratuitamente, loro erano degli autori satirici: Francesco ha invece accostato l’ingiuria (reato) al diritto di satira (difeso in tutti gli stati moderni).
Ora, per i presenti che pensassero che la satira sia quella di “Striscia la notizia”, siete pronti? Sto per darvi un scossone bello forte:
Non esiste satira rispettosa. “Se non fa incazzare qualcuno non è satira” (Mel Brooks). Così come non esistono limiti imponibili alla satira, anzi, ad essere precisi non esiste limite alcuno a cosa la satira possa dileggiare. E non esistono limiti sul come la satira possa operare questo dileggio. Questo perché, semplicemente, la satira ha limiti naturali entro cui può e deve muoversi: per esempio la satira deve dileggiare il potente e prendere le difese della parte debole, come hanno ricordato i giudici del premio Nobel che assegnarono quello per la letteratura a Dario Fò. La motivazione del Nobel fa riferimento al suo “coraggio nell’emulare i giullari medievali flagellando le autorità e sostenendo la dignità degli oppressi”. Preservare la dignità umana, viene aggiunto, è indubbiamente uno degli scopi fondamentali del premio voluto da Alfred Nobel. Altro limite naturale della satira? Fare ridere. Tutto il resto semplicemente non è satira.
Quindi, se sei al capo di un’associazione multinazionale che annualmente introietta miliardi provenienti da donazioni ed in cambio offre ricompense invisibili ed ultraterrene, beh, io direi che un po’ di presa in giro te la meriti. Esplicò bene questo concetto George Carlin nei suoi monologhi: “Pensateci, la religione attualmente convince la gente che c’è un uomo invisibile. Che vive nel cielo e guarda quello che fai in ogni minuto di ogni giorno. E l’uomo invisibile ha una lista speciale di 10 cose che non vuole che tu faccia. Se farai anche solo una di queste cose ha pronto un posto speciale per te, pieni di fuoco e fiamme e fumo e tortura e angosce dove vivrai per sempre e soffrirai e brucerai e griderai fino alla fine dei tempi. Ma lui ti ama. Ti ama e ha bisogno di soldi! E’ un essere capace di qualsiasi cosa ma ha un problema coi soldi”.
Questa tesi è offensiva? Beh, sicuramente. Sopratutto se la tua azienda si basa sulla cieca fiducia dei tuoi investitori. Insomma, se la gente cominciasse a pensare “aspetta, e se semplicemente io cercassi di vivere la mia vita nel rispetto degli altri e di me stesso ed utilizzassi i miei soldi per questo?” tu a fine mese come le paghi le parcelle ai legali che devono difendere i preti che in chiesa hanno mostrato una cappellina di troppo al chierichetto?
Quindi è fondamentale per un capo d’azienda reagire. A costo di apparire volgari? Anche se devi utilizzare la difesa utilizzata dal peggior rifiuto umano partorito dalla terra? Anche se così facendo devi buttare al vento il lavoro di decine di curatori d’immagine che, a colpi di cappottini bianchi e telefonate “telefonate” alla stampa, sono riusciti a far dimenticare alle persone un precedente direttore d’azienda che firmava documenti, poi diventati di domino pubblico, per avvallare l’insabbiamento di abusi pedofili nella Chiesa mentre suo fratello si occupava di compierli quegli abusi (questa parte vi era sfuggita? Beh quei curatori d’immagine hanno fatto un ottimo lavoro)?
La risposta è solo una. Sì, evidentemente.
“Ci stupisce” ha concluso il Pontefice “quello che succede adesso, ma quante guerre di religione abbiamo avuto? Pensiamo alla ‘notte di San Bartolomeo”.
Sai cosa stupisce davvero Francesco? Che qualcuno trovi differenze fra le religioni di allora e quelle di oggi. A me non stupiscono le guerre causate dalla religione. Perché sono causate da persone che ragionano come te.
Ecco, se avessi il suo numero di telefono sarebbe questo che vorrei dirgli in una telefonata. Ma non posso, a me lui non ha telefonato e quindi io il suo numero non ce l’ho.
Beh, quasi quasi scrivo su Whatsapp a sua madre.
Capitan Casoncello dell’Illinois
“Se i cosiddetti fondamentalisti di oggi davvero credessero di aver trovato la loro via per la Verità, perché dovrebbero sentirsi minacciati dai non-credenti, perché dovrebbero invidiarli? Quando un buddista incontra un edonista occidentale, a malapena lo condanna: si limita a notare con benevolenza che la ricerca di felicità dell’edonista si sconfigge da sola. A differenza dei veri fondamentalisti, i terroristi pseudo-fondamentalisti sono profondamente turbati, intrigati, affascinati dalla vita peccaminosa dei non-credenti. È facile intuire che, combattendo l’altro peccaminoso, combattano in realtà la loro stessa tentazione.” (“I fondamentalisti e gli Ultimi Uomini”, di Slavoj Žižek.).