Non solo lividi
Stolta paura, l’amor non uccide!”
Eppure è quotidiano sentir parlare di “troppo amore” quando si riporta la notizia di una violenza.
Il problema infatti è ben radicato nella nostra cultura, talmente in profondità che spesso sorvoliamo su quanto sia diffuso e variegato.
Siamo abituati a vedere e talvolta a condannare la violenza fisica, le percosse, l’abuso esplicito, ma non ci rendiamo conto di quanto sia solo la punta dell’iceberg.
Alla sua base troviamo ogni discorso da spogliatoio, commento nelle chat di gruppo, foto scambiata di nascosto, ogni violazione della privacy o del consenso da parte del partner, ogni schiamazzo o fischio per strada, ogni “ma com’eri vestita” ed ogni “ma tu cosa gli hai detto per farlo reagire così“.
La violenza è ovunque, dall’oggettivizzazione del corpo nei manifesti pubblicitari allo scarto salariale tra i generi, è nel paternalismo del “signorina” e nel controllo del “nessun altro ti amerebbe come me“, nel seguire per strada come nello spasmodico seguire sui social, nel “è un complimento, fattela una risata!” e nel tone policing del silenziare la giusta rabbia che ne consegue.
Violenza è anche il giornale che parla di “raptus di un uomo innamorato” quando dovrebbe scrivere “femminicidio da parte di una persona tossica“.
Violenza è l’istituzione, la forza dell’ordine che non sa prendere provvedimenti a seguito di una denuncia.
Così come la scuola che, terrorizzata dallo spettro del gender, rifiuta di organizzare percorsi di sensibilizzazione che potrebbero aiutare ragazze e ragazzi a riconoscere in loro e nelle persone accanto la violenza invisibile, quella spesso scambiata per amore, prima che produca graffi e lividi.
Il 25 novembre, la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è qui ogni anno per ricordarci questo, per darci coscienza non solo oggi ma ogni giorno di quanti siano i comportamenti tossici, violenti, abusanti e manipolatori che ci circondano e che troppo spesso perpetriamo e lasciamo correre.