Vogliamo in questo più o meno breve articolo parlare dei movimenti del nostro PSV. Mi spiego meglio. Quanti di voi hanno mai pensato a come vedremmo muoversi le spaghettose appendici del Prodigioso? Una persona media d’istinto penserebbe: “Beh..le agita come fossero tanti tentacoli”…emmm…non può essere proprio così. Come sappiamo,infatti,il PSV è fatto di soli spaghetti e polpette; non ha muscoli,ossa o simili (al più avrà qualche strana terminazione nervosa a sé stante all’altezza degli occhi che gli permette di vedere..ma nulla che gli permetta realmente di muoversi). Quindi? Sta sempre fermo? Certo che no!!! Come mai potremmo fare per arrivare a capire i suoi movimenti? Beh..semplice..osservandolo! Cosa notiamo in qualsiasi iconografia del Prodigioso? Per esempio,cosa notate nell’immagine sottostante?

FSM

Ci siete arrivati? Beh se lo avete capito bene..altrimenti ve lo dico io.

Il PSV è fatto di spaghetti(ma dai?!)..ma non banali spaghetti..sono SPAGHETTI COTTI. Già..anche perché sennò,come ben sapete,si spezzerebbero subito se soggetti a piegamento e non riuscirebbero a fare tutte quelle curve che vediamo in figura. Inoltre,dovremmo considerare altre cose:

 

  • in quanto cibo,saranno soggetti a continui cambiamenti..un po’ come se il PSV facesse la muta ogni tot tempo per evitare di far “ammuffire” il proprio corpo;

 

  • i nuovi spaghetti,a sostituzione di quelli già cotti e stracotti, saranno ovviamente ancora crudi o al dente e quindi subiranno un aumento di temperatura stando imbevuti nell’acqua presente nel suo sugo..ma chi produce questa temperatura?

 

Notiamo che il PSV ha delle polpette all’interno..ma perché proprio polpette? A cosa servono? Non tratteremo qui nel dettaglio il loro funzionamento ma la teoria più accreditata e matematicamente sostenuta è che generino il calore necessario per cuocere di volta in volta i suoi spaghetti crudi. Si può infatti ricavare che,considerate come sfere di una certa densità,queste polpette possono innescare reazioni simili a quellCatturae più interne nel Sole ed in questo modo produrre calore. Ma,come già detto,non è questo il tema del seguente scritto quindi,al più,se richiesto,ne verrà pubblicato un altro in cui sarà illustrato questo meccanismo con tanto di matematica (ovviamente,pur avendo una spiegazione fisico/matematica della loro utilità,non potremo mai avere la certezza in quanto dovremmo pesare le sue polpette..e non credo se lo farebbe fare..ma va beh).

Ok..spaghetti cotti che al loro interno si inter-cambiano,una volta “vecchi”,con nuovi spaghetti che verranno a loro volta cotti ecc….e allora? Mica si muovono..E INVECE Sì!!! Si muovono e non poco!! Potremmo notare anche noi i numerosi movimenti degli spaghetti quando li cuciniamo. Solo che noi non siamo soliti notarli perché il tutto avviene in piccole dimensioni..se però rendessimo gli spaghetti grandi come possono esserle quelli del PSV allora noteremmo vari movimenti. Il risultato finale è una specie di “gonfiarsi e sgonfiarsi”..un po’ come se respirasse. Infine,banalmente,può usare l’inerzia per muovere determinate appendici verso direzioni a scelta. Ma noi ora ci occuperemo del predominante e complesso movimento interno del PSV che si riproduce,come già detto, in un pulsante “respiro” osservabile macroscopicamente.

Tratteremo ora la fisica e la matematica che c’è dietro a degli spaghetti di grandezza naturale..per ottenere i risultati osservabili nel PSV basta poi moltiplicare gli stessi effetti/movimenti per un fattore di scala in funzione della grandezza a cui volete immaginare veder muovere il PSV.

Per poter capire meglio di cosa stiamo parlando parliamo appunto di normalissimi e non giganteschi spaghetti. Provate a mettere degli spaghetti normali in acqua quando bolle (che sia salata o meno non importa). Noterete che nei primi momenti farete una certa “fatica” ad immergerli per bene a causa della loro rigidità. Questa rigidità,noterete,si attenua rapidamente dopo pochi secondi, consentendovi di immergere gli spaghetti totalmente nell’acqua bollente. Ciò avviene perché la temperatura alta dell’acqua agisce sulle caratteristiche meccaniche della pasta (che è secca) in pochi secondi attraverso lo scambio di calore. Si dovrà quindi studiare un flusso di calore e,a questo fine, ci sarà utile la tabella seguente presa dall’articolo :“A mathematical model for spaghetti cooking with free boundaries”:

Noi possiamo ora riferirci all’isoterma di 90°C o anche solo 80°C (ovviamente siamo interessati ora solo ai tempi degli spaghetti) in quanto la “cottura” vedremo cominciare già a queste temperature senza necessariamente arrivare ai 100°C. Ci metterà solo,ovviamente,più tempo a cuocersi completamente se confrontato col tempo impiegato se siamo alla temperatura di ebollizione dell’acqua.

Una volta immersi,gli spaghetti aumenteranno gradualmente la propria temperatura e,se poteste studiarli,vedrete che dopo un certo lasso di tempo(5-6 minuti) lo spaghetto si spezza anche se soggetto a pressioni che lo incurvino oltre un ancora piccolo limite..più passa il tempo e più questo limite di rottura aumenta (ovvero potete piegarlo sempre di più).

Sezionando uno spaghetto del PSV durante varie fasi della sua vita (o uno in padella durante varie fasi della cottura) noteremmo ciò:

Spaghetto dopo pochi minuti di vita:      1

..ovvero un leggerissimo inscurimento della superficie esterna dello spaghetto che presenta ancora un centro bianco. Questo inscurimento è dovuto all’inizio della penetrazione dell’acqua e notiamo che il “fronte di penetrazione” è circolare (ciò è dovuto alla semplicità della geometria dello spaghetto)

Spaghetto a circa metà vita:        2

..notiamo che la zona interna si è molto ridotta e che compare un nuovo anello esterno che rappresenta la regione dello spaghetto mangiabile. Per mangiabile,si intende cotto. Infatti Noi possiamo mangiare uno spaghetto solo quando è cotto. Perché ciò? Perché l’ingrediente dominante degli spaghetti (e della pasta in generale) è l’amido che non è digeribile (se non in piccole quantità) dall’essere umano. Per far si che la spaghetto sia quindi mangiabile è necessario che si “gelatinizzi”. Gelatinizzarlo significa spezzettare l’amido in pezzi più piccoli (in realtà si spezzetta la catena polimerica che lo compone..ma non perdiamoci troppo nei dettagli) . Come possiamo fare ciò noi? Beh..semplice..non possiamo farlo. Difatti questo lavoro è affidato all’acqua(che nel PSV viene recuperata dal sugo) che attacca in più punti la catena polimerica che compone l’amido e che,come si dice, la idrolizza. E’ qui che notiamo i primi movimenti. Col passare del tempo vedremmo i due fronti muoversi verso il centro facendo tendere a zero il volume più interno dello spaghetto,facendo diminuire la parte gelatinizzata e aumentando la parte cotta.

La temperatura dell’acqua presente nel PSV come influenza la struttura dello spaghetto? Beh..basta lasciare degli spaghetti crudi immersi in acqua fredda per un lungo lasso di tempo per capirlo. Alla fine li troverete completamente molli. Segno che la temperatura influenza solo la velocità di penetrazione, ma il processo sopra descritto avviene anche a temperatura ambiente (ovviamente però non saranno cotti e saranno quindi di un per nulla invitante color biancastro invece che del “caldo color avorio” che vediamo nelle rappresentazioni del Prodigioso). Proprio da questo dato sappiamo che il prodigioso non è a temperatura ambiente..ma come può mantenere la sua temperatura T? L’unica spiegazione sta nelle sue già citate polpette. Queste infatti devono avere (per forza..sennò non si spiegherebbe come faccia il PSV a mantenere una temperatura superiore a quella ambiente) una densità tale da indurre delle particolari reazioni che permettano la produzione di calore. Come già detto ad inizio testo,di questo argomento si parlerà eventualmente in un altro articolo; per ora cerchiamo di non perdere il filo del discorso.

Introduciamo ora la trattazione del modello matematico per il problema primo: “il movimento degli spaghetti” (Tratto da “Mentre cuociono gli spaghetti” di A.Fasano..professore di meccanica analitica all’Università di Firenze). Si farà notare,durante lo studio,che lo spaghetto aumenta il proprio volume (ecc) e ciò si ripeterà ciclicamente spaghetto dopo spaghetto. Grazie alla particolare geometria di quest’ultimo sarà sufficiente studiare il problema su una sezione trasversale qualsiasi. Considereremo la distanza r dall’asse dello spaghetto. Due sono i processi da studiare: imbibizione(assorbimento di molecole,nel nostro caso di O,in assenza di reazioni chimiche) e gelatinizzazione. A ciascuno di essi è associato un fronte, che indicheremo rispettivamente con

.

Per quanto riguarda il primo,l’imbibizione, gli ingegneri alimentari hanno preso a prestito un particolare modello che tradotto per il nostro spaghetto, dice essenzialmente due cose:

1) il meccanismo di trasporto dell’acqua è la diffusione;

2) la diffusività dell’acqua si mantiene molto bassa finché l’acqua non supera una certa concentrazione, oltre la quale aumenta esponenzialmente con la concentrazione stessa.

Questo apparato matematico consente di realizzare una zona povera di acqua e una che si satura rapidamente. L’equazione che si usa quando si parla di diffusione è  “l’equazione di Fick”. Per ricavarla basta considerare le due leggi di Fick. La prima legge descrive la diffusione nelle dimensioni spaziali:

(a)            Cattura

Dove è il flusso di calore,   è la diffusività e  è la concentrazione di specie diffondente. Il segno negativo esprime il movimento del flusso da una concentrazione più alta ad una più bassa. Sviluppando il gradiente si ottiene:

(b)         Cattura

Dove,nell’ultimo passaggio,si è considerata una diffusione isotropa. Ora,mentre la prima legge “gestisce” le dimensioni spaziali, la seconda legge di Fick descrive invece come il processo di diffusione si evolva nella dimensione temporale:

Cattura

Unendo quest’ultima equazione con le precedenti arriviamo ad ottenere un’unica equazione generale di diffusione del calore che prende il nome di “equazione di Fick” (probabilmente questo Fick era un pirata) che è la seguente:

Cattura                                                                                                                                                                                                                 (1)

..dove nel secondo uguale è stata usata appunto la (a) e,nel terzo, la (b).

I nostri ingegneri hanno preso D = D(c) nel modo in cui ho detto perché effettivamente fa tornare le cose, ma dove sta la soluzione diluita? Non c’è un’altra maniera di far camminare l’acqua? Va bene, la pasta è un polimero ma è anche un mezzo poroso. E qual è la grandezza regina capace di spostare liquidi dentro un mezzo poroso? La capillarità – la grande forza che tira l’acqua fino alla cime di alberi altissimi – capace di creare notevolissimi gradienti di pressione. Ecco allora la prima idea: abbandonare la (1) e vedere se buoni risultati possono ottenersi partendo dall’ipotesi che sul fronte di penetrazione dell’acqua si crei una depressione di capillarità abbastanza grande da risucchiare efficacemente l’acqua all’interno. Poi dovremo dire come l’acqua si sposta tra le fibre di amido che gradualmente si aprono al suo passaggio, ma questo è un problema molto classico e non ci preoccupa.

Proviamo a mettere le cose in ordine e a descrivere la fase di imbibizione. Prima di tutto abbiamo stabilito che in questa fase abbiamo solo due componenti: l’amido e l’acqua. Se indichiamo con φ la frazione di volume dell’acqua (detta anche porosità) e con φs quella della componente solida, avremo:

Per andare avanti dobbiamo tener conto che, imbarcando acqua, lo spaghetto aumenta di volume. Perciò, insieme al fronte di penetrazione dell’acqua r = s(t), avremo un fronte di espansione (la superficie esterna) r = σ(t). Al tempo t = 0 (inizio della penetrazione) avremo chiaramente s = σ = R (raggio dello spaghetto). Nota che  s’< 0, σ’> 0. La figura qui sotto aiuta a visualizzare l’evoluzione del sistema.

La relazione tra le due frontiere si deduce in base a un bilancio di massa globale. Accanto alle incognite φs e φ dobbiamo introdurre le velocità (radiali) delle due fasi che indichiamo rispettivamente con u(r, t) > 0,v(r, t) < 0 . Adesso possiamo scrivere il bilancio di massa locale delle due componenti:

che, insieme a (2), esprimono la complessiva incomprimibilità del sistema:

Una informazione essenziale nel processo di imbibizione è la velocità con cui si aprono le fibre di amido per far posto all’acqua. Questa si può esprimere nella forma:

scegliendo opportunamente la funzione di imbibizione F.

Questo è un punto delicato e ne faremo un breve cenno alla fine. Diciamo soltanto che F è una funzione C2, positiva e decrescente in un intervallo (0, φM), dove φM < 1 indica il valore massimo raggiungibile dalla frazione d’acqua (quello al quale inizierà la gelatinizzazione). Per quanto riguarda il moto dell’acqua attraverso le fibre di amido, la cosa più naturale è utilizzare la classica legge di Darcy (che ormai ha superato il secolo e mezzo di vita):

dove la grandezza k è detta conducibilità idraulica e p è la pressione dell’acqua. Dunque l’acqua si muove grazie al gradiente di pressione e questo è creato, come dicevamo, dalla pressione di capillarità sul fronte di penetrazione. Se diciamo che p = 0 è la pressione nella pentola (è solo una scelta della scala) e che –pc è la pressione di capillarità, allora le condizioni da imporre su p sono:

Inoltre notiamo che la superficie esterna è una superficie materiale, ossia possiede la velocità della componente solida:

Per chiudere (come si dice) il sistema, dobbiamo dire qualcosa in più sulle modalità di penetrazione perché la (6) si riferisce al processo di imbibizione dopo il passaggio del fronte. Trascurando la porosità della pasta secca (guardate bene la sezione dello spaghetto crudo), diciamo che la porosità salta dal valore zero a un valore positivo φW < φM. Avendo preso r = s(t) come una superficie materiale, è ovvio che:

Le equazioni scritte finora consentono di determinare tutte le grandezze incognite fino all’istante tM in cui f raggiunge il valore φM sulla frontiera esterna. Da questo istante abbiamo a che fare col fronte di gelatinizzazione r = h(t), che anch’esso procede dall’esterno, h(tM) = σ(tM), verso l’interno. Il processo di idrolisi implica che una parte dell’acqua venga immobilizzata. Quindi accanto alla frazione di acqua libera φ, dovremo considerare una frazione di acqua immobilizzata η. Tra l’una e l’altra, c’è una cinetica di transizione espressa da:

con G decrescente a zero per η tendente a un valore massimo ηM, che ci consente di riscrivere il bilancio delle due grandezze come segue:

(si noti che l’acqua legata si muove con la velocità della componente solida). Nella fase di gelatinizzazione, possiamo trascurare ogni ulteriore rigonfiamento del sistema, ponendo:

e ciò comporta

Adesso vediamo quante cose dobbiamo specificare sul fronte di gelatinizzazione. Anzitutto, esso è definito come la superficie di livello:

attraverso la quale le grandezze φS e u sono continue, mentre f subisce un salto dal valore φM ad uno inferiore fM – h0 (parte della gelatinizzazione avviene istantaneamente). La discontinuità di φproduce una discontinuità della velocità v. Trafficando un po’ con i bilanci di massa, si arriva a scrivere la seguente equazione:

che tradotta in parole significa che lo spostamento del fronte porta una perdita di acqua libera e questa è la differenza tra il flusso d’acqua libera prima e dopo il fronte. Insieme alla (16), utilizzando nuovamente lalegge di Darcy, possiamo scrivere:

dove la parentesi quadrata indica il salto della velocità dell’acqua libera relativa a quella legata attraverso il fronte, dovuto all’immobilizzazione dell’acqua che accompagna il moto relativo del fronte rispetto all’amido (secondo membro). Ancora una volta l’informazione sulla frontiera esterna proviene da un bilancio di massa globale.

Se adesso pensate che siamo vicini alla fine, vi sbagliate di grosso perché la matassa si è molto aggrovigliata e bisogna trovare il modo di sbrogliarla. In termini matematici vuol dire dimostrare un teorema di esistenza e unicità. Niente paura, ma la dimostrazione è piuttosto corposa [7].

Allora cerchiamo di riempire solo qualche spazio vuoto. La lacuna più grossa riguarda la funzione F(φ), che specifica la cinetica di imbibizione. La sua scelta è veramente delicata ed è ampiamente discussa in [7]. Una scelta ragionevole è del tipo A(φ* – φ)n , con A e φ* costanti. Si vede allora che l’esponente n non può essere troppo piccolo perché altrimenti ci sarebbe una richiesta di acqua così eccessiva da richiedere a un certo punto una regressione del fronte di imbibizione, cosa che non è assolutamente osservata nello spaghetto. Non mi dilungo ulteriormente. È interessante osservare che è possibile calcolare “a mano” il comportamento del fronte durante i primi minuti, che risulta essere del tipo

Concludiamo mostrando il confronto coi dati sperimentali della fase di imbibizione:

 

Bibliografia

[0] “Mentre cuociono gli spaghetti” di A.Fasano

 [1] E. Giusti, La Matematica in Cucina, Bollati Boringhieri, 2004, Torino.

[2] P. Sadd, D. Jefferson, A. Lacey, “Crust density in bread baking: mathematical modelling and numerical solutions”, App. Math. Modelling, 31, 2007.

[3] A. Fasano, A. Mancini, “Modelling the onset of vaporization in frying processes with no mechanical deformation”, J. Food Process Engineering, 33, 2010, DOI: 10.1111/j.1745-4530.2008.00278.x

[4] A. Fasano, A. Mancini, “Math from the pan: fantastic voyage through a French fry”, SIAM News, maggio 2008.

[5] A. Fasano, A. Mancini, “A phenomenon of waiting time in phase change problems driven by radiative heat transfer”, Math. Meth. Appl. Sci., 32, 2009.

[6] A. Fasano, A. Mancini, M. Primicerio, B. Zaltzman, “Waiting time phenomena forced by critical boundary conditions in classical diffusion problems”, Quart. Appl. Math., 69, 2011.

[7] A. Fasano, M. Primicerio, A. Tesi, “A mathematical model for spaghetti cooking with free boundaries”, Appl. Math. J.: Networks and Heterogeneous Media, 6, 2011, pp.37-60.

[8] S. Cafieri, S. Chillo, M. Mastromatteo, N. Suriano, M.A. Del Nobile, “A mathematical model to predict the effect of shape on pasta hydration kinetic during cooking and overcooking”, Journal of Cereal Science, 48, 2008, pp. 857-862

 

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